mercoledì 9 marzo 2011

LibreOffice fa scrivere di sé


La suite di produttività LibreOffice compie in queste settimane passi significativi per affermarsi come software di riferimento in alternativa a OpenOffice e a MsOffice. Come è noto esso è nato nel 2010 in seguito alla decisione dei principali sviluppatori indipendenti di OpenOffice di abbandonare il progetto in seguito all'acquisizione della Sun Microsystem ad opera di Oracle. Si è parlato allora di un "fork", cioè della creazione di un progetto parallelo, da mantenersi a fianco del filone principale in relazione a esigenze nuove e specifiche.


Con il recente rilascio da parte di LibreOffice della versione 3.3.1 e soprattutto con la sua implementazione in alcune tra le maggiori distribuzioni Linux lo scenario si mostra oggi differente ed è strano che qui da noi se ne parli poco. La nuova versione rappresenta il primo importante passo di sviluppo autonomo e, mentre nella precedente si poteva parlare ancora quasi solo di ricompilazione del codice libero di OpenOffice con lievi modifiche, nella nuova vengono introdotte importanti caratteristiche che suggerisco di andare a vedere nel sito. Oggi dunque non è più appropriato parlare di "fork", quanto piuttosto riconoscere che un grande, ventennale, larghissimo progetto di software libero ha cambiato nome e ha assunto un nuovo orientamento. Oggi OpenOffice, al di là delle possibili contese di marchio e della capacità degli sviluppatori di smarcarsi da un simile pantano, è diventato LibreOffice.

Il problema è politico. Molti ritenevano anche negli anni passati che la presenza di un'unica grande azienda, la Sun, alla guida del progetto rappresentasse un limite e un rischio, ma le ingerenze commerciali del colosso informatico erano state sempre prudenti e l'azienda aveva e curava un'immagine di sé compatibile con la cultura del software libero. E' evidente che con Oracle lo scenario è cambiato. Oggi, con la creazione della DocumentFoundation, che coordina il progetto con spirito e linguaggio stallmaniano (se mi si passa il termine), si ritorna ad un asseto e a un'organizzazione che rende LibreOffice più simile a grandi e storiche produzioni di software liberi, come Mozilla o Gnome.

Dato però che Oracle continua lo sviluppo di OpenOffice, il problema è anche tecnologico in quanto, se da una parte la scalabilità modulare del software si presta in modo evidente a un tipo di lavoro libero e partecipato, avvantaggiano senz'altro LibreOffice, è altrettanto vero che tale modularità si realizza perché il fondamento irrinunciabile di LibreOffice è il Java, che appartiene ancora saldamente a Oracle. E' tuttavia poco probabile che Oracle voglia mettere a rischio il suo predominio nel linguaggio orientato al web per inseguire LibreOffice in avventurose battaglie legali per impedire o limitare l'uso di Java.

Vedremo. Intanto sosteniamo LibreOffice.

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