mercoledì 29 ottobre 2008

Un viaggio per le scuole d'Italia

di Susanna Losciale, maestra.

Sulla scuola aggiungo le mie parole di insegnante di scuola primaria, ripeto e ricalco cose già dette da più riconosciute voci ma non vedo il motivo, se non per qualunquismo, di non aggiungermi adesso a un coro.
Dove i miei ragionamenti potranno risultare poco chiari dico subito che non so bene a quale dei miei insegnanti del nord e qualcuno del sud dare la colpa. Dove saranno più felicemente espressi, idem. Se ci penso poi della maggioranza di loro non ho mai pensato di domandare l’origine e nessuno in famiglia mi ha informata. E’ questo il motivo per cui non posso scaricare le responsabilità territoriali in fatto di formazione. Ricordo invece molto bene i miei insegnanti. Insegnanti e basta, senza distinzione di razza.

foto: akiller

Torno indietro nel tempo: sono in un paese del vicentino ed è il 1995.
Firmo il mio contratto e non senza qualche lacrima, non tanto di commozione quanto di timore per il mio futuro. Insegnante neoassunta, parto da Bologna la “grassa” ma anche la “dotta” luogo della mia formazione ed esperienza giovanile per andare a fare dell’educazione di base nel cuore del nord est. A Vicenza in una sera fra amici mi fu poi detto: “Io, per i soldi che prendi tu, non mi alzo nemmeno la mattina a prepararmi il caffé”: dal punto di vista economico mi fu subito chiarito (da un precursore dei tempi) quanto si considerasse il mio stipendio. E io, ingenua, replicai: “Per questo stipendio io ho preso il treno e mi sono trasferita e con questo stipendio torno a Bologna il fine settimana e vado al cinema Lumière, vado a visitare delle mostre, vado al loggione del teatro, mi compro dei libri in più. Vado anche a farmi “rapinare” dagli osti bolognesi la sera al Pratello con gli amici”.
Altri tempi naturalmente: nubile, in una Bologna un po’ meno faticosa. “Non di solo pane vive l’uomo”: ebbene oggi “digiuno” per obbligata virtù.
Il punto di vista economico sarebbe interessante farlo risaltare non tanto per piangere un po’ su situazioni note a molte famiglie quanto per sottolineare ancora, aggiungendo viva testimonianza, la difficoltà economica di un insegnante ad accedere alla formazione e all’aggiornamento. La formazione e l’aggiornamento continui dovrebbero essere diritto e dovere dell’insegnante. Il diritto arriva per la gioia di quanti, svolgendo un lavoro che tanta parte prende della vita personale tradotta in tempo effettivo, affettivo e mentale, desiderano svolgerlo in modo serio e professionale. Il dovere oltre che deontologico si pone a coloro che sentono di non averne bisogno.
C’era un bellissimo e ampio aggiornamento in storia l’ultima settimana di agosto: una settimana nelle Marche… nell’economia famigliare che peso avrebbe avuto? Certo si potevano scaricare dalle tasse 40 euro di iscrizione, cifra accettabile credo, ma tutto il resto … spostamento, pernottamento, qualche pizza e i libri che di certo si sarebbero comprati?
A settembre poi tutti all’aggiornamento in storia della matematica per soli 30 euro e due giorni a Bologna oppure a novembre tre giorni di convegno nazionale sulla didattica della matematica: studiosi e insegnanti, la teoria e la pratica da tutta Italia… interessantissimo, dovrebbe essere reso obbligatorio … ce la potremo fare?
Di corsi ce ne sono e certo bisogna saper scegliere: si sa anche che in materia di formazione si rischia di dar nutrimento a chi, avendo dei fondi a disposizione, pensa più a quelli che alla qualità della formazione. Paradossalmente rischiamo anche di pagarci fra di noi! Eppure molti insegnanti ci credono, vanno e ritornano a casa pieni di indirizzi ed esperienze fatte dai colleghi in situazioni svariate e con fantasia, magari cercano anche di applicare le conoscenze nuove. C’è chi si aggiorna stando nella propria città fra colleghi locali e così la spesa, se non si hanno altri aiuti, rimane quella della baby sitter: 8 euro per ogni ora di corso più il tempo degli spostamenti. Gli stessi poi a scuola, con gli allievi al seguito, dedicano parte del tempo, o lasciano perdere, a far funzionare computer e mouse smessi da qualche azienda e gentilmente donati alla scuola con programmi discutibili e non certo nuovi nemmeno ai bambini. Oppure cercano le aule attrezzate di scienze, i laboratori di immagine, le biblioteche moderne, eccetera eccetera.
Ma se queste parole sulle questioni di formazione e aggiornamento, di architettura scolastica e di sussidi, che concorrono alla qualità del processo dell’insegnamento – apprendimento in tutta Italia sono così note e scontate perché il Ministro si dedica con tanta passione ai grembiulini? Mettiamo pure i grembiulini ai bambini se le fa piacere, sono anche carini così, in divisa come dei piccoli inglesi. (Mia mamma mi metteva un bel grembiule con il colletto di pizzo … anche i grembiuli non sono tutti uguali e non ci livellano! C’è poi il senso di appartenenza alla scuola che non lo fa il grembiule ma le iniziative aggreganti. Quale appartenenza? Il senso di appartenenza alla scuola italiana? Divise o grembiuli con stemmi regionali? Colorati per Regione, chessò verdi per il Veneto? … beh, veda il Ministro!).
Sfoltiamo immediatamente la questione senza perderci troppo in questioni ideologiche sul significato del grembiule: le nostre menti sarà meglio che si impieghino su altri versanti ideologici.
Grave il fatto che un Ministro non si ponga in ascolto di tanti genitori, studenti, insegnanti e mondo intellettuale e tutti si sono chiesti qualcosa sui suoi interessi specifici e conoscenze in tema Scuola, sulla sua capacità di analisi e di interpretazione dei dati e di conseguenza sulla motivazione del suo mandato che, fra l’altro, le conferisce uno stipendio per pensare e quindi dire e agire in modo efficace e democratico. In qualità di insegnanti abituati nel quotidiano a praticare la tolleranza, e non senza sofferenza, possiamo volentieri esprimergliela accentando il fatto che come persona si possa dare l’impressione d’avere idee razziste e un ascolto non proprio democratico. Praticare un atteggiamento tollerante diventa decisamente faticoso in questo caso trattandosi di persona al servizio di un pubblico bene.
Scottano ancora un po’ anche le parole gettate dalle splendide e giustamente frivole alture di Cortina sulla necessità di formazione degli insegnanti meridionali. Ci sentiamo tutti presi in causa nel meridionalismo della nostra cultura italiana perché siamo stati oggetto di insegnamento e perché siamo insegnanti: passiamo dunque da anni, centinaia di anni, il testimone e immaginavo con orgoglio.
Le nostre scuole sono piene di insegnanti d’ogni provenienza. Meno male!
Gira voce che il Ministro abbia poi affrontato un certo esame al Sud piuttosto che al Nord e non si sa se per scarsa fiducia nelle proprie capacità o per l’aspetto qualificante della scelta. Cosa c’è di vero?
Non so quanto la situazione di oggi sia diversa da 13 anni fa quando arrivai nel cuore di quel Veneto dall'economia cavalcante, proprio quello che Santoro veniva a visitare con le sue telecamere trovando sulla porta delle scuole l'indice, il medio non era ancora di moda,dei direttori didattici a scacciarlo. Quella parte di Nord, meno nobile già allora, accoglieva la maggioranza degli insegnanti che poteva avere con il cartello “Fuori gli insegnanti terroni dalle nostre scuole” ma era incapace di sostituirli con insegnanti locali perché se ci fossero stati sarebbero già stati là a costituire naturale barriera all’immigrazione.
Il dono degli insegnanti agli studenti è quello di permettere la scelta e non di incanalare, di far conoscere la pluralità delle strade e delle comunicazioni. La pluralità dell’essere.
D’altra parte come alunna di un nord più a nord del Veneto anch’io ho dei ricordi di insegnanti del nord bravissimi e poi di colleghi veneti veramente capaci e scuole molto ben condotte e organizzate a più livelli, ho imparato molto anch’io … e allora? Stupirmene lo troverei offensivo. Ho questi ricordi e ne ho altri molto diversi, come tutti.
L’analisi e l’interpretazione dei dati sul rendimento potrebbero dare un respiro più amplio non solo rispetto alla questione nord e sud ma anche rispetto al confronto europeo.
Mi viene spontaneo notare che il punteggio medio degli studenti in Veneto sulle competenze in matematica è 510: si distacca da soli tre punti dal Friuli e dalla Provincia di Bolzano: chi sono quegli insegnanti che hanno preparato i nostri studenti veneti? Un gruppo scelto locale o… insegnanti. Se i docenti del sud operanti al nord non sono riusciti ad abbassare più di tanto la media ma hanno nei fatti contribuito ad alzarla mi domando in che cosa consista il divario col nord. Se poi sono sempre gli stessi docenti, dissuasi dal fermarsi e tornati a casa, a continuare allo stesso modo il lavoro al sud e a preparare nostri figli mi chiedo perché i risultati diano medie più basse. Bisogna indagare le cause che evidentemente non stanno nelle persone.
Mi offro, Ministro, per fare un giretto per l’Italia dal nord al sud passando per Reggio Emilia, per cercare di andare a vedere scuola per scuola le strutture, le possibilità e le realtà socio-culturali dei nostri studenti italiani e italiani acquisiti, e fare delle eccellenze l’esempio.
Propongo di viaggiare e cercare di capire di che cosa hanno bisogno insegnanti, studenti e genitori perché la loro non diventi “una guerra fra poveri” alla ricerca delle responsabilità più vicine, più facili e comprensibili sulla sfiducia degli studenti, sul problema del bullismo, sul disamore per l’istituzione scuola dalle diverse parti. Va ristabilito il dialogo fra le parti in gioco nella scuola, dalla Dirigenza all’allievo, dando luoghi, tempi e specialisti per condurlo in modo finalizzato.
Tempo fa lessi l’intervista ad un giovane scienziato bolognese (del quale, chiedo venia, non ricordo il nome) e ben ricordo come riconobbe e onorò i nostri insegnanti così come, molto serenamente, commentò la fuga dei “cervelli” all’estero e la sua: egli aveva usufruito dell’alta formazione in Italia e dall’Italia se ne andava già qualificato a dimostrazione del fatto che qui docenti in grado di trasferire sapere ci sono. Il suo lavoro aveva però bisogno di possibilità economiche per la ricerca, laboratori e strumenti. Siamo sempre lì. Non è che magari all’estero sono i nostri insegnanti a formare così bene quegli altri studenti dalla media così alta? Naturalmente scherzo.
Difficile trovare l’origine della nostra personale sapienza o ignoranza dal momento che la costruzione stessa della personale identità non solo ha principio collettivo, la memoria storica e personale così bene annodate, ma essa stessa è oggetto di continua trasformazione. L’identità è qualcosa che ha a che fare con i Sacrari di guerra visitabili ai nostri confini e con i nuovi confini che la geografia umana sta disegnando. Mi domando anche come verranno premiati gli insegnanti non sfaticati: quelli di buona volontà che con pochi strumenti fanno del loro meglio raggiungendo risultati magari appena evidenti a livello nazionale ma fondamentali nel contesto ovvero portando la maggioranza dei loro studenti all’istruzione di base e alla sufficienza o quelli che lavorano in scuole ricche che possono documentare esperienze notevoli in classe o che, “ricchi di famiglia” e baby sitter, seguono aggiornamenti in loco e anche fuori regione? Chissà se Don Milani sarebbe stato fra quelli premiati.
La categoria, esattamente come tutte, comprende lavoratori più o meno interessati e non c’è molto da stupirsi che le esperienze fatte e ricevute siano disparate … come per i medici ci sono quelli senza frontiere, quelli in prima linea, quelli di base, gli specialisti e gli specializzati e gli imboscati. Quelli aggiornati, quelli autoprodotti, quelli incapaci, quelli che… l’ultimo aggiornamento risale alla gioventù perché “tanto si dicono sempre le stesse inutili cose” e non si informano quindi non tanto per questioni pratiche ma per volontà. Con spirito positivo questi ultimi vanno rimessi in moto.
Quanto alla riforma della scuola ricordo che è in corso quella dei programmi di studio e ha già preso tanta energia e investimenti economici per informazione e formazione. E’ una proposta di riforma interessante, costruttiva e supportata a livello di pensiero filosofico: la qual cosa non guasta perché, non intravedendo aperture economiche prossime per i nostri futuri lavoratori, sarà meglio puntare sulle risorse intellettuali e utilizzare i beni culturali esistenti e per far questo non si può far altro che puntare sull’educazione del cittadino globale su “menti ben fatte piuttosto che piene”. Gli insegnanti si augurano che ogni nuovo Ministro non si senta in obbligo di lasciare il proprio odore sul territorio pensando ad una nuova riforma: siamo stanchi di reinventarci, lasci dunque quella esistente compiere il proprio atto e i tecnici lavorare, se ci sono ancora, anche per non investire altro tempo e denaro nella stessa cosa, ci si occupi invece informare tutti i cittadini sul contenuto della riforma, di fare quella passeggiata per le scuole d’Italia, ascoltare insegnanti, genitori e studenti, portarli al dialogo e finanziare formazione per tutti continua, diffusa e controllata (chi forma chi), magari scuole estive di formazione così non si penserà che gli insegnanti siano anche così fessi da desiderare lunghe vacanze insostenibili con il loro stipendio e proprio nei periodi più cari dell’anno. Ci vogliono strutture e ricerca. Ci vogliono libri didattici, specialistici e non, di attualità per insegnanti aggiornati e sale insegnanti dove “nel tempo libero” essi possano incontrarsi, scambiarsi commenti, progettare, sostare e informarsi, correggere i compiti o fare da luogo d’ascolto e aiuto a genitori e allievi. Ci vogliono stipendi equiparabili alla media europea perché, come diceva mia nonna siciliana, “non si fan nozze con i fichi secchi”.
Uno Stato che rinuncia a finanziare la sua scuola magari a discapito di altri Ministeri e ne incentiva la privatizzazione ha già accantonato l’idea di un proprio libero progresso e di futuro dei giovani che adesso davvero non avranno più nulla da perdere e lotteranno al grido di “Io non ho paura”.
Come statali e funzionari pubblici ubbidiremo. Delle decisioni prese sulla scuola, il più potente Ministero per una Nazione, noi cittadini faremo oggetto di giudizio. Daremo poi il voto in condotta a tutti così come piace al Ministro però … ai grandi per primi e ai piccini solo di seguito.

Nessun commento: